Al momento dell’iscrizione, metà dei gitanti pareva volesse restare a Ceresole Reale. ( Il colle del Nivolet troppo “alto”, la camminata troppo impegnativa, le incognite tutte da scoprire). … E invece, quando Luciano ha verificato chi “camminava” e chi restava in panciolle… sorpresa! Tutti ( tranne una coppia storica del GAM – Rodolfo e Angela , che soffrono l’altitudine), hanno optato per il Nivolet. Tanto a quota 2612, al rifugio Savoia, dove soggiornare per il pranzo e godersi la vista dei monti senza colpo ferire, ci si arriva con il servizio-navetta. Occasione unica per i non-camminatori con il cuore alpino!Arrivati a Ceresole, sorvolato con uno sguardo d’insieme il lago di Dres, tutti in gruppo compatto ci fiondiamo alla fermata del bus locale, che fatica a contenerci. Gli altri escursionisti- arrivati tra l’altro prima di noi, - non s’azzardano a salire. Sono capitati male. Aspetteranno il prossimo.

Stipati all’inverosimile per non perdere la corsa ( tutti insieme alla meta! ) inizia la salita vera e propria, in tornanti di suggestiva bellezza. La vegetazione, ormai priva di alberi ad alto fusto, consente di spaziare con lo sguardo a 360°: tra coloratissimi prati, occhieggiano ogni tanto gemme azzurre. Laghetti tersi, immobili, riflettenti il cielo. Viene voglia di berseli tutti e di incamerare così tanta bellezza. In venti minuti siamo al capolinea, davanti al Rifugio Savoia. Il gruppo degli ardimentosi parte, lancia in resta, verso il Col Basei, a quota 3175, e ne perdiamo subito le tracce. Altri decidono di stare lì intorno, di bearsi del paesaggio e di riprendere il pulmino per Ceresole nel primo pomeriggio. Noi ( una decina ) ci incamminiamo lungo un sentiero in piano, tra i prati. Negli avvallamenti in ombra sotto di noi c’è ancora la neve e cascatelle e ruscelletti cantano gai nel sole del mattino. Man mano che procediamo siamo avvistati e segnalati dalle marmotte: a destra, a sinistra, dietro i massi si intravvedono le bestiole curiose e nemmeno troppo impaurite. Lì nel Parco sono protette: se ne fanno un baffo, dei turisti; anzi si mettono in posa nel loro profilo migliore, davanti alle fotocamere impazzite. E’ tutto un “ Guarda qui, guarda là… eccone una… eccone un’altra…” E poi i fiori! Avete idea di cosa sono i fiori del Gran Paradiso? Di un colore… di una bellezza…Non finirò mai di meravigliarmi davanti al miracolo di un garofanino rosa fuxia abbagliante, di una genzianella blu cobalto, di un’achillea che pare una trina bianca. Ad ogni passo starnazzo come un’oca padovana indicando agli altri un fiore che mi pare più bello degli altri. Fatica improba, perché il più bello è sempre quello che scopro subito dopo e non posso dare il tormento ai miei compagni di avventura, che già di loro, camminano con gli occhi fuori dalla testa. E questo non è ancora nulla! Gli ardimentosi dei 3000 riferiranno – en passant, tanto per farci schiattare d’invidia - di aver visto anche una macchia di stelle alpine (carta canta!) Per una volta che non vado ad alta quota… Due ore di buon cammino, e nel ritorno avvistiamo nuvole di pioggia. Mi sa che questa volta l’angioletto del GAM ha perso il pullman! Comunque non ci perdiamo d’animo: al rifugio ci aspetta una polenta concia e uno spezzatino da far paura. Verso le tre pensiamo di scendere a Ceresole. L’autista ci lascia in capo al lago per un’ulteriore camminata. Qui incontriamo gran parte del gruppo. Con calma raggiungiamo il nostro pullman parcheggiato fuori paese, non senza aver fatto una puntatina alla diga e poi in una bella gelateria; fatto amicizia con le suorine francescane di una casa di vacanze, e con la proprietaria di un giardino pieno di digitali dai colori abbaglianti e di delphinum di un blu rubato al lapislazzulo. Franca non regge: tanto dice e tanto fa, che la gentile signora gliene regala due piantine da portarsi a casa.

Un ricordo dal Paradiso, di nome e di fatto.